venerdì 21 settembre 2012

sono triste

-Sono triste
-Perché sei triste?
-Perché mi hai dato un schiaffo e non si fa. Perché mi hai uno schiaffo?
-Perché ero arrabbiatissima con te
-Ti e passata l'arrabbiatura?
-Si
-Sono passati i capricci stellari?
-Si
-So che non ne farai più
-Sei sempre la mia migliore amica?
-Si
-E tu di più
-No, tu di più
-Sei ancora triste?
-Si
-Perché?
-Tu lo dici

lunedì 17 settembre 2012

qualche notizia

quando ero piccola, l'estetista di mia mamma, la signorina biondino, si divertiva a sentirmi snocciolare i miei progetti per l'avvenire.
avrei vissuto in africa. in una fattoria. con tutti gli animali. anche i serpenti. mi sarei sposata a diciotto anni. avrei avuto sei figli. tutti, rigorosamente, con parto naturale. dal mio immaginario bambino il cesareo era decisamente bandito.
adesso, che guardo il mondo dal trentottesimo piano del mio grattacielo personale, di ferino c'è solo un segno zodiacale. quello del signor emme. mitigato dalle ascendenze equilibrate della bilancia.
di pargoli, una sola, ma vale per sei. se le faccio quelle domande sceme, ti-piacerebbe-se-nella-pancia-di-mamma-ci-fosse-una-bimba?, mi risponde, no-mamma-sto-bene-così.
d'africa ne ho visto un pezzetto. mi affanno a tradurlo in lentezza.

mercoledì 12 settembre 2012

non ci siamo fermate

E così siamo andate. Dopo tre giorni di promesse mancate per un senso di nolontà che non ho voluto indagare, ma anche per preoccupazioni tipicamente adulte (peli in ricrescita, camuffati non troppo bellamente, da un'abbronzatura sbiadita), ma anche perché abbiamo fatto tante cosine (panini al latte, dolcetti cuoriciosi, un fantastico paio di superga di lamè glicine, con annessa querelle sul numero : “io calzo 27, no minou il 27 ti fa venire le bollicine..allora proviamo il 28. Ma questo 28 mi cade dal tallone, meglio il 27 mamma…) alla fine siamo andate. Nel meraviglioso mondo dell’acqua, sotto forma di piscina, il Tibidabo.
Con la gioia delle prime volte, che solo i bambini sanno trasmettere, ci siamo fiondate da pocoyo (emme-minou-mobile) alla volta della meta agognata. Per i primi dieci scalini, borbottavo e mugugnavo. Poi mi sono detta: torna bambina. Poi  mi sono detta, guardale gli occhi brillano. Con questa certezza ineluttabile, sono scivolata nel mio personale mondo da quattrenne.
In macchina, con remedios a gola spiegata di gabriella ferri, abbiamo urlato la nostra emozione  e, propri lì, quando la colombo diventa un trampolino verso il mare, eravamo incontenibili. Con le ali.
Vento urticante. Non ci siamo fermate.
Catena bianca e rossa all’ingresso della piscina. Non ci siamo fermate.
Bagnino assente e probabilmente a schiacciare un pisolino. Non ci siamo fermate.
Sono appena le cinque, la piscina chiude alle sei.
Fa un po’ freschetto…niente da fare. Minou era già in acqua. Quantomeno con il pensiero. L’adulta che è in me, ha tentennato. Ha indossato degli occhiali di tartaruga, veramente pesanti, e ha intimato: “guarda che, non appena, mi accorgo che hai le labbra nere o che tremi, usciamo!” “ Si, mamma”. Ma già ero meno convinta.
Eravamo solo io e lei. Il bagnino. Lo scivolo giallo. I peli. E un senso di pienezza da incantato stupore.

giovedì 6 settembre 2012

una mattina all'asilo

Perché i figli logorano? Perché abbiamo bisogno di proteggere la  nostra salute mentale, quando ci sono loro di mezzo? Perché, al culmine  dell’esasperazione, gli inculchiamo gli stessi sensi di colpa dei nostri genitori ( sei stata cattiva lilli, ecco perché ti ho portato via il lecca-lecca), dai quali impieghiamo una vita per fuggire? Perché consumiamo tradimenti, quando siamo impotenti? (mamma, va in bagno e poi torna, eh?!!!. Mamma va a parcheggiare meglio la macchina, sennò la polizia mi fa la multa!!!! E le gambine si avvicinano. Ma di poco. E le braccia, si rilassano, ma  negli occhi tremano le lacrime. E guardi attonito tuo madre, sapendo che ti mente. Che è  un modo per arginare quelle braccia, le tue, che la ghermiscono. Ma lei deve andar al lavoro. Te l’ha detto un sacco di volte). Ricominciare è violento. Soprattutto per un bambino.
Perché li minacciamo, bonariamente o meno di fronte ai loro disagi? (guai a te se mangi, andrea, eh?!!! Mi raccomando. Rimani digiuno anche oggi!).
Stamattina l’asilo di minou sembrava un circo impazzito. Una calca di mani, braccia, capelli e occhi bagnati. Messi alla rinfusa da un picasso, bambino anche lui.
Un non-ce-la-posso-fare mammesco e appapa echeggiava sinistro sulle pareti quadrate (bene, adesso, un bacio, ti lascio e senza piangere, martina). Un boccheggiare indomito da devo-andare-è tardi- e chissà che traffico- e di-nuovo, al lavoro: stamattina- non- voleva-che andassi-via.
Seduta sulla panchetta di legno rosso, con minou abbarbicata, guardavo. Occhi comprensivi e attenti. Braccia avviticchiate attorno al suo pansotto. Una miniatura, l’una dell’altra. Abbiamo aspettato che la tempesta lasciasse detriti o poco più. L’ho tenuta stretta. D’un tratto ci siamo alzate. L’ho allontana dalla tragedia che si consumava, ancora, al nostro fianco: lilli, voleva un trampolino per fare i tuffi. Solo così avrebbe salutato il suo papà. Il suo papà rispondeva, quasi per esplodere, che si era tuffata per un mese intero. Po la rabboniva. L’abbracciava, cercando di calmarla. Minou adora tuffarsi. …
Ci siamo avvicinate alla vetrata che dischiude le classi. L’ho incitata ad entrare. La promessa che sarei andata via quando il pavimento sarebbe stato asciuto. Si è seduta in cerchio, insieme a tutti gli altri. Coraggiosi pulcini che affrontano il distacco per coraggiose mamme che devono essere tutto.
“posso guardarti?”. Certo che puoi, minou.
“il pavimento è asciutto, andiamo in classe!”, li avverte vitale, francesca.
Le sussurro un grazie. A nome di tutte.
Un bacio a ventosa. Lungo lungo fino a cento, come dice minou. Con passo fermo mi avvio. In testa le cose da fare. Io alla mia giornata, tu alla tua. Per oggi, senza sensi di colpa.

lunedì 3 settembre 2012

ah....i rientri...

Stamattina ho deciso di fugare le zie grigione, nicoletta costa mi perdoni, che ammuffivano nella mia mente. Così di buona lena, ho indossato i panni della casalinga. Non troppo disperata. Ho lanciato un’occhiata al lino stropicciato dei pantaloni bianchi: "dai appendici, tiraci fuori da questa valigia". "Ormai sono quattro giorni". "Dacci alla nostra casa". E vabbè. Con minou al seguito , trotterellante e inesausta, mi son mossa a pietà. Ho dato casa a pantaloni, vestiti e biancheria intima. Un pò in ordine e un pò alla rinfusa, però. La valigia è sgombra. Ottimo. Ho preso coraggio e ho affrontao il pavimento del soggiorno. Minacciosi agglomerati di polvere mi sormontavano. Temerari e spavaldi.
Con volontà ferrea ho impugnato la ramazza. Minou, fiereggiava delle sue costruzioni post moderne: torri sbilenche con cubi mordibi, cubi duri, cubi magnetici. Insomma un’esplisone di cubi. Poi gli occhi sono stati rapiti dal nitore appannato del turchese: insomma, il portabiancheria. "Coraggio portaci a fare una bella doccetta". Si dacci una bella centrifugata", gridavano in coro asciugami spaiate, short con faccine a go-go di hello kitty, eccetere, eccetera. E vabbé. Vi carico e vi porto.
E vai. Con soddisfazione sconosciuta. Ogni tassello tornava a posto. Segno del rientro o quasi a casa. Mi merito una pausa. Mi lavo, mi vesto. minou mi segue a ruota. "Posso uscire con musichina (il suo bolide rosso e blu)?" "No. Ci sarà da camminare. La strada è lunga. Non posso portarvi in braccio tutt’e due". Stranamente si convince. Nessuna mediazione dialettica da condurre. Il mio ego fa una capriola, le zie grigione all’orizzonte, dissipate. Mi avvio sulla stradina, a rallentatore. Destinazione, chiesa. Ci provo quantomeno, oggi. Oggi che è domenica. È come una mancanza. La voglio riempire. Stremata dalle fatiche casalingoidi, questa boccata d’aria è quello che ci vuole. Al ritorno, come da copione, per un lungo tratto, porto anche minou in braccio. È felice. Stanca. Ma felice. Sono felice. Stanca, ma felice.
"Ciao casa siamo tornate". Il saluto. Cade nel vuoto. La casa non risponde e nemmeno il signor emme che giace riverso tra le braccia d’edera di morfeo. Ore 11.00.
"Lo vediamo?", mi sventola happy feet,  minou, in un revival di cose sue , ma da scoprire, perché “sono tornata a roma per la prima volta”. Ci abbracciamo sul divano. Mi alzo. Pappa da preprare. Potage? E potage sia. Emergenza pupù da sbloccare. Mi industrio ai fornellli. Con rinnovato stupore. E degna della creatività di un gourmet, mi evolvo in peperoni, riso basmati e pollo. Wow, quasi non ci credo. Ore 11.30. Il signor emme , continua a giacere riverso..poi la stanza prende aria. La sua. Il suo corpo si materializza, il volto rilassato, i capelli scomposti. Un buongiorno squillante. Varca la soglia della cucina e…..."ci sono queste cose da lavare” motteggia genuino, adocchiando la pila di piatti,  bicchieri, posate e bicchieri che chiedono pietà dal freddo alluminio del lavello.
"Si, ci sono delle cose da lavare". Rispondo distratta. E aggiungo…"le puoi lavare tu, dopo". "Perché non le puoi lavare tu?". "No, io non posso. Sto cucinando". "Ah…